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Numero 14.

 

INTERMEZZO - Parte 1

 

LE SPIE PERFETTE

 

    di Carlo Monni con l’amichevole consulenza di Mickey

da un’idea di Andrea Garagiola

 

Ispirato ai lavori di:

Ian Fleming, Frederick Forsyth, John Le Carrè

 

 

Walter Reed National Military Medical Center, Bethesda, Montgomery County, Maryland. Il mio nome è Jonathan Juniper, o meglio: era il nome del giovane soldato morto nel 1942 da cui sono stato clonato. Per cui: sì, potete chiamarmi Juniper, in fondo è un nome migliore di altri.

         Sono il frutto di uno dei primi esperimenti di clonazione effettuati da uno scienziato nazista di nome Zemo in collaborazione con un altro pazzoide, un certo Zola. Non ho mai saputo quali fossero i loro motivi e tutto sommato nemmeno me ne importa. Per decenni sono rimasto, come dire, inattivo poi mi sono risvegliato in un laboratorio russo ed ho scoperto di essere parte di un piano per sostituire personaggi chiave di varie nazioni occidentali con loro cloni obbedienti a Mosca. Non sembra la trama di un vecchio film di fantascienza? Per loro sfortuna chi mi ha creato lo ha fatto troppo bene: Junior Juniper non avrebbe mai collaborato ad un piano simile e naturalmente nemmeno io. Riuscii a scappare ed alla fine chiesi aiuto all’unico uomo di cui sapevo di potermi fidare: Nick Fury. Lui non aveva nessun motivo per fidarsi di me ma lo fece ed io non intendevo deluderlo.

-Ehi, capo, stai sognando ad occhi aperti? Pensa a sistemare questi buffoni vestiti di verde.-

         A parlare, che ci crediate o no era stato un gorilla parlante che indossava un completo da safari con una bandana rossa intorno alla fronte ed una pistola in ciascuna delle sue zampe prensili. Quanto ai buffoni vestiti di verde erano agenti della divisione Tigre dell’Hydra, la temibile organizzazione paramilitare dedita alla conquista del mondo ed altre amenità del genere. Per fortuna, oltre al mio amico gorilla potevo contare anche su un’attraente bionda ufficiale dello S.H.I.E.L.D. di nome Laura Brown, una bella sventola dai corti capelli neri e dalla pelle color latte che spuntava da una tutina nera attillata che si faceva chiamare Domino e su un’altra donna dal fisico da culturista il cui nome in codice era Man Killer ed era un nome che esprimeva alla perfezione i suoi intenti. Non avevo nessuna intenzione di criticare le sue attitudini almeno finché si occupava a modo suo dei miliziani dell’Hydra.

         A quanto pareva l’Hydra ce l’aveva particolarmente con uno specifico paziente dell’ospedale: un robusto nero dal cranio rasato ed un vistoso bendaggio sull’occhio sinistro che indossava la divisa da campo dell’Esercito con i gradi di Sergente e le mostrine del 75° Reggimento Ranger. Non persi tempo a farmi domande, c’erano un po’ di cattivi da sistemare ed avrei preferito essere ancora vivo alla fine dello scontro. Per qualche motivo oscuro nella mia memoria erano impressi gli ultimi istanti di vita del vero Junior Juniper e non ci tenevo affatto a ripetere l’esperienza.

         Quando anche l’ultimo agente dell’Hydra fu caduto mi avvicinai al Sergente e gli chiesi:

-Tutto bene, amico?-

-Sono ancora vivo, quindi direi di sì.- rispose lui.

         Un tipo tosto a quanto pareva. Ci scrutò tutti con il suo unico occhio buono. Immaginai che fosse più abituato di me ai pazzoidi in costume che circolavano di questi tempi ma avrei scommesso che la vista di un gorilla parlante lo lasciasse comunque perplesso.

-Agenti dello S.H.I.E.L.D. eh?- disse infine -Sapete spiegarmi perché quei bastardi dell’Hydra ce l’avevano con me?-

         Bella domanda. Avrei tanto voluto avere la risposta.

 

         Nei cieli sopra il Maryland. La mia Porsche 911 Carrera volante aveva coperto la distanza tra New York e Bethesda a tempo di record e nel frattempo G.W. Bridge, il massiccio afroamericano dalla barba e capelli bianchi che dirigeva la Divisione americana dello S.H.I.E.L.D. mi informò di quello che sapeva dell’attacco dell’Hydra all’Ospedale Walter Reed e cioè praticamente nulla.

-Tutto questo non ha molto senso.- commentai -Un ospedale non è un obiettivo abituale per quei pazzoidi in verde.-

<<Non so cosa dirti, Nick.>> replicò G.W. <<La cosa lascia perplesso anche me.>>

-Forse... forse l’Hydra sta cercando qualcosa… o qualcuno.-

            A parlare era stata la donna seduta sul sedile del passeggero accanto a me: Anna Olegovna Derevkova. Ufficialmente era la dirigente dell’Ufficio Visti del Consolato Generale Russo a New York ma io sospettavo… no, anzi, ero certo che fosse un agente del S.V.R.[1], il Servizio di spionaggio all’Estero della Russia, esattamente come lo era circa 25 anni prima, quando l’avevo conosciuta, dopotutto quante funzionare consolari hanno una pistola di alta precisione nella borsetta?

All’epoca in cui ci eravamo conosciuti io ero ancora un agente della C.I.A. e ci trovavamo su fronti opposti anche se poi il destino ci costrinse a collaborare e la nostra conoscenza divenne... intima. Anche se adesso si avvicinava alla cinquantina Anya era sempre una gran bella bella donna ma non era il momento di pensarci. Quel che aveva detto aveva senso ma sollevava altri interrogativi: chi o cosa era il bersaglio dell’Hydra?

Quando arrivammo sul posto le squadre guidate dalla mia seconda vice, la Contessa Valentina Allegra De La Fontaine, stavano già avendo ragione degli aggressori e non mi era rimasto quasi nulla da fare. Atterrammo ed io balzai già dall’auto con la pistola in pugno. Anya mi imitò stringendo con entrambe le mani la sua Makarov ultimo modello.

Val ci guardò e disse:

-Puoi rilassarti, Nick, ormai è tutto finito.-

La cosa quasi mi dispiacque. Il vostro Nick Fury era proprio il tipo che si sente vivo nel mezzo della battaglia. Il vecchio Happy Sam Sawyer[2] diceva che ero un po’ matto e forse aveva ragione. Pensare al vecchio Happy Sam mi fece ricordare una cosa:

-Dov’è Junior?- chiesi.

-Dentro con la Brown ed il resto della sua squadra di fenomeni.- rispose Val -L’ultima volta che l’ho visto mi sembrava in forma.-

            Storsi le labbra e mi avviai verso l’interno. Era un macello ma Junior, Laura e gli altri sembravano illesi e stavano intorno ad un soldato afroamericano.

            Vedendomi Junior fece un sorrisetto e disse:

-Ehilà, Nick, ben arrivato. Ti presento il Sergente Scelto Marcus Johnson. Tu e lui avete qualcosa in comune, pare.-

            Ovviamente si riferiva al fatto che anche lui era stato ferito all’occhio sinistro e magari al fatto che anch’io avevo militato nello stesso reggimento e con lo stesso grado molti decenni prima che lui nascesse.

            Johnson scattò sull’attenti e mi fece il saluto.

-Riposo, Sergente.- replicai poi mi rivolsi a Junior e Laura -Che sapete dirmi di questo casino?-

-A quanto pare…- rispose Laura -… l’Hydra voleva rapire o uccidere il Sergente Johnson.-

-Ma perché?- esclamai sorpreso.

-A questo, forse, posso rispondere io.- disse una voce femminile alle mie spalle.

 

            Elivelivolo dello S.H.I.E.L.D. nei cieli sopra la Costa Orientale degli Stati Uniti, circa mezz’ora prima. Una Lotus Elise atterrò sul ponte principale della grande portaerei volante sede operativa della più grande agenzia mondiale di spionaggio e controspionaggio dove alle auto sportive in grado di volare erano ormai avvezzi. Ne scesero due donne entrambe afroamericane. La più anziana poteva avere una cinquantina d’anni portati benissimo ed indossava un tailleur marrone. La più giovane dimostrava circa venticinque anni, sfoggiava, una pettinatura in stile afro, i suoi occhi erano nascosti da occhiali neri con lenti a specchio. Indossava un giubbotto di pelle verde con ampie spalline ed una minigonna nera come gli stivali che le arrivavano al ginocchio.

            Davanti a loro stava in piedi un altro afroamericano dall’età indefinibile: capelli bianchi, fisico snello e tonico, occhi attenti con indosso la tipica divisa azzurra dello S.H.I.E.L.D. con fondina a tracolla e relativa pistola d’ordinanza. Aveva un’espressione severa che si distese nel riconoscere la donna più anziana. Era proprio lei, dopo tutti questi anni, pensò. Quando la salutò era evidente nella sua voce un’emozione t trattenuta a fatica:

-Ciao, Nia.-

La donna che negli ultimi decenni si era fatta chiamare Nora Johnson replicò con finta disinvoltura:

-Ciao papà. Ne è passato di tempo.-

-Troppo.- ribattè Gabriel Jones, Direttore delle Operazioni Speciali dello S.H.I.E.L.D.

            Non indugiò oltre ed abbracciò la donna che sembrava decisamente commossa. L’altra donna rimase silenziosa mentre gli altri agenti presenti erano perplessi.

            La donna che Gabe aveva chiamato Nia si sciolse dall’abbraccio e gli chiese:

-Da quanto lo sapevi?-

-Solo da poco.- rispose lui -È stato un mio vecchio contatto della C.I.A. a rivelarmelo dopo che un paio degli agenti assegnati al tuo programma di copertura erano scomparsi e gli indizi portavano all’Hydra. Ho avuto giusto il tempo di organizzare la tua esfiltrazione. Ho agito in fretta per senza informare nemmeno Nick. Ho mandato l’Agente 22 di cui sapevo di potermi fidare.-

            L’altra donna accennò un sorriso.

-Ho fatto solo il mio dovere. Mi spiace solo di essere arrivata troppo tardi per salvare l’agente di collegamento della C.I.A.-[3]

-Non si riesce mai a salvare tutti.- commentò Gabe.-

-Mi dispiace, papà…-  intervenne Nia Jones -Non avrei mai voluto farmi credere morta ma…-

-Eri diventata un bersaglio ed era necessario che tutti ti credessero morta. Posso capirlo anche se non mi è piaciuto. Ne parleremo dopo però, ora ci sono cose più urgenti a cui pensare: l’Hydra sa di Marcus.-

-No!- esclamò lei

-Stai tranquilla: c’è chi se ne sta occupando. Gente in gamba ed ora andremo a raggiungerli.-

 

            Palazzo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Turtle Bay, Manhattan, New York City. Adesso. La donna dai capelli neri elegante ed altera entrò nel salone dove si riuniva abitualmente il Comitato di Controllo sulle Risorse Speciali di Mantenimento della Pace, un organo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il cui compito era vigilare sulle attività dello S.H.I.E.L.D., dello S.W.O.R.D. e di supergruppi come i Vendicatori e gli X-Men. Era composto da tre uomini e due donne ciascuno in rappresentanza di uno dei cinque paesi membri permanenti del Consiglio stesso. La donna era la rappresentante del Regno Unito ed il suo nome completo era Amelia Ashbury-Croft Baronessa Croft di Wickenham… questo almeno era ciò che credevano gli altri. In realtà era un clone della vera Lady Croft al servizio dell’Hydra. Per quanto ne sapeva lei, quest’ultima forse era stata ormai uccisa ma non le importava, non aveva posto nel suo cuore per la compassione.

            Osservò gli altri presenti: il delegato americano, Everett K. Ross, amava fare il buffone ma aveva un’intelligenza pronta ed attenta; quello russo, Viktor Vassilievitch Komarev, era una vecchia volpe della politica; la rappresentante francese si chiamava Michelle Deveraux, folti capelli bianchi e penetranti occhi azzurri appena nascosti da occhiali con montatura di tartaruga, era un ex giudice della Corte Internazionale di Giustizia. Il più interessante per la presunta Lady Croft era il delegato cinese: l’Ambasciatore Jiang Shudong era stato nominato al posto del defunto Wu Tong che si era scoperto essere un clone infiltrato dall’Hydra. Non poteva immaginare che quell’organizzazione avesse già provveduto a sostituirlo con un altro membro già controllato ed escluso dai sospetti. Avessero fatto un altro controllo avrebbero probabilmente scoperto la verità ma per allora lei avrebbe già compiuto la sua missione.

            Fece un largo sorriso agli altri e disse:

-Bene, Signori e Signora, vogliamo cominciare?-

 

            Walter Reed National Military Medical Center, Bethesda, Montgomery County, Maryland. Adesso. Mi girai di scatto e mi trovai di fronte il mio vecchio compagno di tante battaglie Gabe Jones. Non era solo: con lui c’erano due donne. Riconobbi l’Agente 22 ma l’altra, che era quella che aveva parlato, aveva un’aria familiare.

            Sorrise e disse:

-Sono così cambiata che non mi riconosci più, Nick? -

            Spalancai la bocca per la sorpresa ed esclamai:

-Nia! Sei davvero tu? Sei viva?-

            Prima che lei potesse rispondere il Sergente Johnson si fece avanti con un’espressione di assoluta sorpresa in volto e disse:

-Mamma, che ci fai qui?-

            Nia sospirò e rispose:

-È una storia lunga e complicata, figliolo, ma ti spiegherò tutto, te lo prometto.-

-Aspetta un momento!- intervenni decisamente perplesso -Non solo sei viva ma il Sergente Johnson è tuo figlio?-

-Sì, Nick, è mio figlio… e anche il tuo.-

            Mi sembrò di essere stato colpito allo stomaco dal calcio di un mulo. Sentii a malapena Anya Derevkova ridacchiare e dire:

-A quanto pare, Kolya,[4] hai l’abitudine di mettere incinte le tue amiche.-

 

            Più di trent’anni fa, Sud America. Diciamo la verità: non ero entusiasta di questo lavoro. Voglio dire: non era la prima volta che mi capitava di fare da balia ad un novellino, avevo addestrato personalmente Richard Parker e si era rivelato un ottimo elemento, magari un po’ impulsivo ma chi ero io per fare la predica a qualcuno su questo argomento?

A quell’epoca lo S.H.I.E.L.D. non esisteva ancora ed io ero un agente della C.I.A. e visto che era abbastanza evidente ormai che invecchiavo molto lentamente, avevo ancora incarichi operativi e poiché non mancavo di esperienza, capitava che mi affidassero come compagno qualcuno appena uscito dal centro di addestramento di Langley[5] che doveva essere svezzato.

            Il vero problema era che il mio compagno in questa missione era una donna e non una qualunque ma la figlia più giovane del mio vecchio amico ed ex compagno d’armi Gabe Jones. Non fraintendetemi: non era una questione di maschilismo… beh non del tutto almeno… la verità è che ancora dopo decenni la ferita della morte di Pamela Hawley[6] bruciava ancora. Se fosse successo qualcosa a Nia come avrei potuto perdonarmelo?

             A dire la verità, la prima parte della missione era andata liscia come l’olio e questo non mi capitava spesso. Ci trovavamo in Sud America, in una piccola nazione chiamata Delvadia, che all’epoca, non per la prima e nemmeno per l’ultima volta, governata da una giunta militare teoricamente alleata degli Stati Uniti. Il mio governo era sempre stato disposto a chiudere gli occhi su certe cose di secondaria importanza come la violazione sistematica dei diritti umani e le squadre della morte che assassinavano i dissidenti politici pur di impedire l’espansione del Comunismo nell’area americana. Quello che era successo a Cuba nel 1959 non doveva ripetersi a qualunque costo, questo dicevano i pezzi grossi di Washington. Come la pensassi io, non aveva molta importanza per lo Zio Sam purché svolgessi il mio dovere di bravo soldato e la mia bravura nel risolvere pasticci molto complicati aveva fatto sì che passassero sopra al fatto che tendevo spesso a fare di testa mia.

 Le cose stavano lentamente cambiando, però, la minaccia comunista stava diventando sempre più evanescente ed altre minacce meno facilmente classificabili stavano spuntando. Era qui che entravamo in gioco io e Nia Jones.

            La C.I.A. aveva avuto notizia che un’organizzazione terroristica aveva stabilito una base in Delvadia e si preparava a fare qualcosa. L’agente che aveva fornito queste notizie era stato assassinato prima di poterci fornire particolari tipo: che tipo di organizzazione, che tipo di azione si stava preparando e dove. L’unico indizio che avevamo era l’unica cosa che aveva detto prima di morire: il Tedesco.

Nessuna idea a chi alludesse ma bisognava scoprirlo in fretta, così toccava a me e Nia scottarci le dita.

            Non avevamo idea di quanto ce le saremmo scottate.

 

            Walter Reed National Military Medical Center, Bethesda, Montgomery County, Maryland. Adesso. Non avevo mai visto Nick così colpito. Per un attimo pensai che stesse per avere un infarto o qualcosa di simile, poi riprese rapidamente colore e compostezza. Con più autocontrollo di quanto mi sarei aspettato da lui si rivolse alla russa:

-Risparmiami il tuo sarcasmo, Anya. E tu, Nia…- ri rivolse all’afroamericana -… sembra che tu abbia molte cose da spiegarmi.-

-È quello che dico anch’io.- aggiunse il Sergente Johnson.

         Laura Brown aveva una strana espressione sul viso. Mi chinai verso di lei e le chiesi:

-Tutto a posto?-

-Sto solo sforzandomi di non ridere, Jon.- replicò lei -Tutta questa situazione è così assurda.-

         Non potevo darle torto ma il mio istinto mi diceva che c’era in ballo qualcosa di più che una pessima situazione da soap opera. Adesso aveva più senso che l’Hydra avesse cercato di uccidere Johnson.

-Hai ragione, Nick. - disse Nia Jones -Ma non è solo per parlare di me… di noi… che sono qui ma delle macchinazioni dell’Hydra. È sempre stata dietro a tutto dai tempi di Delvadia.-

         Come immaginavo. Il vostro Junior Juniper non si era sbagliato: c’erano nuovi guai in vista.

 

         Quartier Generale segreto dell’Hydra. Il Barone Strucker si aggiustò il monocolo. Chi lo conosceva sapeva bene che sotto la sua apparente imperturbabilità prussiana c’era un vulcano pronto ad esplodere e guai a chi si fosse trovato vicino a lui al momento dell’eruzione.

-Un altro fallimento.- sibilò -Perché quel dannato Fury deve sempre rovinare i miei piani?-

            Il suo secondo in comando, l’Hydra Imperiale, sospirò sotto la maschera che gli copriva interamente il volto e gli si rivolse con studiata calma:

-Forse se non ti ostinassi nel perseguire la tua personale vendetta contro Nick Fury, le cose potrebbero andare diversamente.-

            Lui era l’unico che potesse parlargli a quel modo senza conseguenze. Strucker gli rivolse un’occhiata di fuoco poi si calmò.

-Fury ed io siamo sempre stati nemici.- disse infine -Ci siamo odiati fin dal nostro primo incontro ma con il tempo sono giunto a rispettarlo e talvolta perfino ad ammirarlo. La rabbia per le passate sconfitte me l’ha fatto dimenticare. Non accadrà più.-

-Intendi rinunciare ad uccidere Nia Jones e suo figlio allora?-

-Al momento non è una priorità ma Fury non dovrà saperlo. Che continui pure a credere di doverli proteggere, lo distrarrà dal nostro vero obiettivo finché non sarà troppo tardi.-

-Saggia decisione.-

-Non ho bisogno che me lo dica tu. Ora chiama Madame Hydra. Dobbiamo pianificare le prossime mosse.-

 

            Delvadia,, Sud America. Più di trent’anni fa. Nia Jones non sapeva cosa pensare. Quella era la sua prima missione sul campo ed era ansiosa di dimostrare quanto valesse ma per Nick Fury non sembrava così: perdeva la maggior parte del tempo a recitare la parte del turista sfaccendato frequentando i locali notturni ed i bar. In quel momento era in uno dei ritrovi più frequentati dagli stranieri a giocare a carte con altri tre uomini.

            Appoggiata al bancone del bar Nia li osservava con finta noncuranza cercando di capire qualcosa sui compagni di gioco di Nick. Il primo era un giovane diplomatico americano, che si stava facendo crescere una barbetta alla Lincoln e sembrava a disagio in quella compagnia. Il secondo era un ufficiale della Polizia segreta delvadiana con una vaga somiglianza con l’attore cubano Tomas Milian dai lunghi baffi e la faccia cattiva. Non era difficile immaginarselo mentre si divertiva a torturare il malcapitato di turno. Il terzo era un britannico, non più giovanissimo ma comunque affascinante, capelli scuri, tempie brizzolate, occhi grigi ed un sorriso ironico sulle labbra. Indossava un impeccabile smoking con giacca bianca come se fosse nato per portarlo. Stava sorseggiando qualcosa che aveva chiamato Cocktail Vesper ed aveva spiegato personalmente al barman come prepararlo.

            Il poliziotto delvadiano calò le sue carte e disse con un sorriso di trionfo:

-Temo, señores, di aver vinto.- e mostrò un poker d’assi.

            Nick scrollò le spalle e replicò:

-Ed io temo di doverla deludere, Colonnello Guzman. Credo che la mia scala reale di quadri al re, batta i suoi quattro assi.-

            L’espressione sul volto del colonnello era impagabile. Il britannico gli rivolse un sorrisetto di compatimento, poi alzò il bicchiere verso Nia rivolgendole uno sguardo ammiccante.

            L’americano si alzò dicendo:

-Vi saluto, signori. È meglio che me ne vada prima che lasci su questo tavolo il resto del mio magro stipendio mensile.-

-Avrà più fortuna la prossima volta, vedrà, Bayard.- disse Nick -In ogni caso, credo che il nostro buon colonnello abbia perso la voglia di giocare e così direi proprio che la partita è finita… a meno che Mr. Bryce non voglia continuare da solo con me.-

-Spiacente ma domani devo alzarmi presto, quindi credo che andrò a letto. Sapete… la dura vita del rappresentante.-

-Non credo di aver capito cosa esporta la sua ditta, señor. Bryce.- chiese il Colonnello Guzman.

-Aspirapolvere.- rispose l’uomo che si faceva chiamare John Bryce e se ne andò.

            Fury si recò ad incassare la vincita e poi al bar. Nia non aspettava altro e gli si avvicinò dicendo:

-Bevi da solo, amico?-

-Non più adesso.- replicò Nick poi aggiunse -Dai alla señorita quello che desidera e mettilo sul mio conto -

            Con fare noncurante abbassò lo sguardo come se volesse ammirare la scollatura della giovane afroamericana e sussurrò:

-Stanotte.-

-Hai scoperto qualcosa?- chiese lei di rimando.

-Ho scoperto dov’è il tedesco.-

 

            Walter Reed National Military Medical Center, Bethesda, Montgomery County, Maryland. Adesso. Fu la voce di Marcus Johnson a riscuotermi dal mondo di ricordi in cui ero momentaneamente sprofondato:

-Vuoi deciderti a dirmi la verità, mamma. Nick Fury è davvero mio padre? E quest’uomo…- indicò il mio vecchio amico Gabe Jones -… sarebbe…-

-Tuo nonno, sì.- rispose Nia con una voce strana.

            A quanto pareva, anche lei si era persa nel viale dei ricordi

-Lascia che ti racconti tutto con ordine.- disse, poi si rivolse a me -Ricordi quella notte in Delvadia, Nick?-

-Certo.- risposi.

            Come avrei potuto dimenticarlo?

 

            Delvadia, Sud America. Più di trent’anni fa. Si erano preparati con cura: tute scure, tintura antiriflesso sul volto, equipaggiamento da battaglia tipico delle Forze Speciali. Come ombre avevano lasciato i rispettivi alloggi e si erano ritrovati su una piccola spiaggia battuta dalle onde dove li aspettava un motoscafo.

-Dovremo farci un piccolo viaggio in barca sino a quell’isola laggiù.- disse Fury indicando una sagoma in lontananza. -Il nostro tedesco abita lì..-

-E chi sarebbe, alla fine?- chiese Nia.

-Uno scienziato ex nazista che collabora con la polizia segreta delvadiana ed in cambio loro gli lasciano mano libera con i suoi folli esperimenti.-

-Nazista?- esclamò, sorpresa, la ragazza -Ma deve essere vecchissimo!-

-Anche io e tuo padre dovremmo esserlo, se è per questo, eppure guardami.- ribattè Nick. -Magari anche lui ha avuto lo stesso trattamento, chissà? Lo scopriremo all’arrivo, immagino. Su, non perdiamo tempo.-

            Salirono a bordo del motoscafo e l’uomo ai comandi accese il motore. Partirono in velocità allontanandosi rapidamente dalla spiaggia.

            Poco distante qualcuno aveva seguito le loro manovre. Era l’inglese di nome John Bryce che aveva abbandonato lo smoking per una tenuta più sportiva.

            Abbozzò un sorrisetto riflettendo sul fatto che qualche anno prima avrebbe partecipato anche lui all’avventura sull’isola e tra un pericolo e l’altro, chissà… la negretta non era niente male.

Abbandonò quei pensieri e ritornò indietro. Anche lui aveva un compito da svolgere dopotutto e se conosceva bene quel diavolo di Nick Fury, se la sarebbe cavata benissimo anche senza il suo aiuto.

            Bryce raggiunse il centro della capitale delvadiana. Doveva incontrare un uomo e non sarebbe stata una cosa piacevole.

 

            Georgetown, Washington D.C.  Oggi. Il luogo era la sede di un famoso social club della capitale.

In un salottino privato c’erano tre uomini ed una donna, tutti di etnia cosiddetta caucasica e di età differenti.

Che non fosse una semplice riunione conviviale fu subito chiaro quando uno di loro, un uomo dell’apparente età di 35/40 anni, elegante, dal portamento aristocratico, i capelli brizzolati ed occhiali con montatura di tartaruga che indossava un elegante completo tre pezzi grigio evidentemente fatto su misura, prese la parola:

-Ho nuove istruzioni da parte del Supremo Hydra-

-E stavolta cosa vuole da noi, il vecchio Wolfgang?- chiese in tono irriverente un uomo sui quarant’anni, anche lui elegantemente vestito, dai capelli nerissimi e corti e la carnagione olivastra.

            Si guadagnò un occhiataccia da parte del terzo uomo ,, che era corpulento e presumibilmente il più anziano dei presenti. La donna, che poteva avere una quarantina d’anni o più ma decisamente ben portati, si limitò a sorridere.

            Quello che aveva parlato non si scompose e continuò:

-Ha un incarico fatto apposta per te, Bakshi… o meglio: per l’Agente Bravo. Il Supremo Hydra è convinto che lo accetterai con entusiasmo.-

-E di che si tratterebbe, Whitehall?-

            Daniel Whitehall rimase imperturbabile e rispose:

-Il tuo bersaglio è Laura Brown,-

            L’uomo che si faceva chiamare Sunil Bakshi fece un largo sorriso.

 

            Delvadia,, Sud America. Più di trent’anni fa. Il Colonnello Domingo Guzman era un uomo crudele e senza scrupoli che non solo si divertiva a torturare i prigionieri politici ma aveva anche la triste abitudine di percorrere in auto le strade della capitale in auto e quando si imbatteva in una ragazza di suo gradimento la faceva rapire e portare in una villa alla periferia della città dove, a quanto si sussurrava a mezza voce, abusava di lei in ogni modo che la sua perversa mente gli suggeriva. Raramente le ragazze rapite facevano ritorno e si diceva che il giardino della villa fosse il loro cimitero. In un altro luogo Domingo Guzman sarebbe stato nient’altro che un sadico serial killer e sarebbe stato perseguito e punito per i suoi delitti ma qui in Delvadia era il vice comandante della Polizia segreta del regime e si considerava intoccabile. Avrebbe presto scoperto di non esserlo affatto.

            Si stava rimettendo la camicia senza degnare di uno sguardo la ragazza sdraiata sul letto. Era solo una delle tante ed i suoi uomini ne avrebbero disposto al solito modo.

            Un tonfo sordo fuori dalla porta attirò la sua attenzione.

-Che succede?- esclamò nella sua lingua.

            La porta si aprì e nel vano si stagliò un uomo. Guzman lo riconobbe: era l’inglese di nome John Bryce ma c’era qualcosa di diverso in lui, una durezza nello sguardo, una piega crudele nel sorriso beffardo che sfoggiava in quel momento. Con la mano destra impugnava una Walther PPK e non c’era alcun dubbio che la sapesse usare. Decisamente non era un comune rappresentante di aspirapolvere come si era definito.

            La domanda aveva un che di assurdo ma Guzman non riuscì a non farla:

-Quien eres? Chi sei?- ripetè in inglese.

-Il mio vero nome non ha importanza. Diciamo che sono semplicemente un umile servitore di Sua Maestà Britannica.- rispose l’altro avanzando nella stanza.

-Un agente del servizio segreto inglese.-

-Noi preferiamo dire britannico. Del resto, io sono per metà scozzese. Ma non parliamo di questo, adesso bensì del motivo che mi ha portato qui Come certo avrai capito, Guzman, sono stato inviato qui per terminarti con estremo pregiudizio. Conosci l’espressione, immagino.-

-Omicidio, certo. Si dice che ci fosse una divisione del Servizio Segreto inglese che si occupava di questo ma sapevo che era stata smantellata.-

-Per me hanno fatto un’eccezione.-

-Capisco ed ora, señor Bryce o qualunque sia il suo nome, prima che lei porti a termine il suo compito, potrei sapere perché sono diventato il suo bersaglio?-

-Le tue malefatte potrebbero bastare da sé…- rispose “Bryce” rivolgendo per un attimo lo sguardo alla ragazza sul letto -… ma ti accontenterò: il motivo che mi ha portato qui è la scomparsa di una giovane turista britannica, avvenuta proprio qui un mese fa. Ti ricorda qualcosa?-

            Guzman socchiuse gli occhi e disse:

--Bionda, sui venticinque anni, sì, la ricordo. È stata mia…ospite.-

-Vittima, vuoi dire. Vedo che non tenti nemmeno di negare.- replicò il britannico.

-Servirebbe a poco, è evidente. Mi sorprende, però che il famoso MI6[7] abbia inviato un… eliminatore… si dice così, giusto?... per la scomparsa di una comune turista.-

-Solo che non era una comune turista, ma una agente del MI6 incaricata di indagare su certi personaggi che hanno trovato un rifugio proprio qui. Sai di chi sto parlando, non è vero?-

            Guzman fece un cenno di assenso e borbottò:

-Una sfortunata coincidenza allora. Muy bien, Bryce, cosa aspetta dunque ad infliggermi la sanzione ordinata dal suo governo?-

            L’espressione del britannico si rabbuiò mentre replicava:

-Quella ragazza non era solo un’agente, ma anche la figlia di una mia cara amica. Mi sono offerto volontario per questa missione.-

            Non aggiunse altro e sparò due colpi al petto di Guzman che si afflosciò a terra, poi si chinò verso la ragazza sul letto. Era morta. Forse se fosse arrivato prima… ma non poteva saperlo ed era inutile perdere tempo in rimpianti, ne aveva già fin troppi.

            Lasciò la villa senza curarsi degli uomini in uniforme che aveva dovuto uccidere per arrivare a Guzman, non erano migliori di lui.

            Mentre si allontanava i suoi pensieri corsero a Nick Fury e Nia Jones. Chissà come stava andando la loro missione?

 

            Eliveicolo dello S.H.I.E.L.D. Adesso. Eravamo riuniti in un ampio salone e Laura Brown disse:

-E voi come avete fatto a sapere questa parte della vicenda? Ve l’ha raccontata quel Bryce?-

-Abbi pazienza, Laura, e tutto ti sarà chiaro.- rispose Nick Fury.

-In ogni caso, finora è stato un racconto interessante.- commentai io -Ammetto, però di essere molto più curioso su quello che stavate combinando tu e Miss Jones.-

-Anch’io.- intervenne il Sergente Johnson -Fino ad un’ora fa neanche immaginavo che mia madre fosse stata un agente segreto e che mio padre fosse il famoso Nick Fury.-

-Grazie di non aver detto famigerato.- replicò Nick poi si rivolse a me -Quanto alla tua curiosità, Junior, vedrò di soddisfarla. Ti dispiace, Nia, se continuo io il racconto almeno per la parte che conosco?-

-Fai pure, Nick.- rispose la diretta interessata.

-Grazie. Dunque, mentre il mio vecchio amico dei MI6 faceva un po’ di pulizia a Delvadia, io e Nia eravamo arrivati alla famigerata isola dove si trovava l’uomo che stavamo cercando e forse anche le risposte alle domande che ci eravamo fatti.-

 

            Un’isola al largo della costa di Delvadia. Più di trent’anni fa. Attraccammo in un posto riparato dove c’erano poche possibilità che il motoscafo venisse scoperto e per buona misura lo mimetizzammo con quello che avevamo a disposizione in modo che si confondesse con la vegetazione. Un’isola può essere un buon rifugio per chi desidera la privacy ma se è abbastanza grande è poi difficile tener d’occhio tutti i possibili approdi ed era su questo che contavo.

            Il pilota del motoscafo nonché nostra guida era un nero originario delle Isole Cayman che mi era stato raccomandato dal mio collega del MI6. Lui ed il padre del giovanotto avevano vissuto un paio di movimentate avventure parecchi anni prima. Per quanto mi riguardava, se il vecchio Jim diceva che era a posto, a me andava bene.

            Ci addentrammo nell’interno dell’isola ed un paio di volte evitammo delle pattuglie di uomini armati. La fortuna ci fu amica. In breve tempo raggiungemmo quella che sembrava una vecchia villa in stile coloniale spagnolo che sorgeva a ridosso di una scogliera.

-Non sarà facile entrarvi.- disse Nia.

-Avessi voluto una vita facile avrei fatto il barista.- replicai -Io e tuo padre ci siamo trovati in situazioni peggiori ed abbiamo sempre trovato una soluzione. Ti ha mai raccontato di quando per entrare in una base nemica si finse un ufficiale nordcoreano?-

-Lui? Ma come…?-

-In effetti non fu una delle mie migliori idee, lasciamo perdere.-

            Estrassi da una delle tasche della mia cintura una vecchia mappa catastale che ero riuscito a procurarmi e la esaminai.

-Se non l’hanno chiuso, c’è un passaggio sotterraneo che dalla casa porta al mare, una via di fuga dagli assalti degli indigeni o dei pirati se fosse stato necessario.-

- L’isola è vulcanica.- intervenne la nostra guida -Un paio di eruzioni ne hanno modificato l’aspetto. Il passaggio di cui lei parla, Mr. Fury, potrebbe essere sotto il mare adesso.-

-Per questo siamo venuti equipaggiati.- ribattei -Sei pronta, Nia?-

-Puoi scommetterci.- ribattè lei.

            Ci preparammo e poi ci tuffammo nella piccola baia sottostante mentre il nostro amico restava ad aspettarci. Ci mettemmo un po’ ad orientarci, ma alla fine trovammo quello che cercavamo: una piccola caverna naturale la percorremmo rapidamente e dopo qualche minuto trovammo un’uscita. Era un’altra caverna naturale ma all’asciutto, la parte del passaggio segreto che non era stata sepolta sott’acqua.

            Io e Nia ci scambiammo uno sguardo d’intesa e dopo aver verificato lo stato delle nostre armi proseguimmo lungo una sorta di corridoio di pietra che finiva davanti ad una porta.

            Impiegammo qualche minuto ad aprirla e ci ritrovammo in una cantina.

-Bene, adesso…-

            Le luci si accesero di colpo ed una voce con un forte accento tedesco disse:

-Adesso vi arrenderete pacificamente o dovrò dare ordine di uccidervi..-

            Le cose si stavano mettendo male.

 

Eliveicolo dello S.H.I.E.L.D. Adesso. Interruppi Nick e dissi:

-Certo che sei uno specialista nel metterti nei guai eh, Nick?-

-Ma me la cavo sempre o non sarei qui oggi.- ribatté lui.

-E naturalmente anche Miss Jones.-

-Chiamami Nia, Jonathan. Ho sentito così tanto parlare di te, che sei quasi uno di famiglia.- replicò l’interessata.

-Io sono solo il suo clone ma va bene lo stesso. Dunque, come ve la siete cavata?-

-Dov’ero rimasto?- chiese Nick -Oh, sì: la cattura…-

 

            Un’isola al largo della costa di Delvadia. Più di trent’anni fa. Lo ammetto: la nostra situazione non era decisamente delle migliori e ad essere onesto, non sapevo come ce la saremmo cavata. Io e Nia eravamo legati a delle sedie ed ero abbastanza sicuro che il nostro anfitrione non avesse intenzione di invitarci a cena, era anzi più probabile che volesse servirci come cena per gli squali.

-E così ecco il famoso Nick Fury.- disse in tono compiaciuto con un accento da tedesco delle barzellette -Credevi davvero di poter entrare indisturbato? Le mie telecamere hanno seguito tutte le vostre mosse da quando siete entrati nella grotta.-

-A quanto pare, mi conosci, amico, ma io non ho la più pallida idea di chi tu sia.-

-Sono il Barone von Blitzschlag.-

-Com’è che voi nazisti siete tutti baroni? Tu, Strucker e Zemo. Niente duchi o conti?-

-Fai pure lo spiritoso quanto vuoi, questo non impedirà che tu e la tua amica finiate in pasto agli squali. C’è molta gente che sarà contenta di saperti morto.-

-Visto che dobbiamo morire, perché non mi concedi l’ultimo desiderio e mi spieghi cosa stai combinando qui?-

            Lui scoppiò in una classica risata da cattivo e rispose:

-Mi credi uno di quei cattivi da operetta che raccontano i loro piani all’eroe prima di ucciderlo dandogli così il tempo di liberarsi e far fallire i suoi piani? Ripensandoci… perché no? Non hai speranze di fuga, quindi perché non farti morire con la tua curiosità soddisfatta?-

-Grazie tante.- replicai sarcastico.

            Ok, era un cattivo da operetta ma non per quello era meno pericoloso. In ogni caso, guadagnare tempo non poteva farmi male.

-Il mio compito è sviluppare un preparato che combini le qualità del siero del supersoldato con la formula dell’eternità. Tu sai di cosa sto parlando, non è vero, Fury?- disse.

Certo che lo sapevo: ero stato la prima cavia umana della formula dell’eternità ed era grazie a lei che ero invecchiato pochissimo negli ultimi decenni.

-Riesci ad immaginare un esercito di supersoldati virtualmente immortali? Con essi potremo conquistare il Sud America e poi il resto del mondo.-

            Bruttissima prospettiva se si fosse realizzata.

-Voi chi, von Blitzschlag? L’ODESSA,[8] la dittatura delvadiana?- chiesi.

-Nessuno di quegli idioti. Io appartengo a qualcosa di più grande e potente. Un’organizzazione così ramificata che anche tagliandone un braccio non otterresti niente.

            Non ebbe il tempo di dire altro: una forte esplosione scosse la casa e subito dopo si sentirono raffiche di mitra.

-Quarrel.- mormorai.

            Doveva essere il nostro amico delle Cayman ma da solo poteva fare ben poco. Per fortuna io avevo avuto il tempo di fare qualcosa: ero riuscito a far scattare dall’anello che portavo all’anulare destro un minuscolo laser che tagliò i legami come burro. Contemporaneamente anche Nia aveva fatto lo stesso.

            Ci buttammo addosso ai nostri sorpresi carcerieri ed io mi impadronii di un mitra cominciando a sparare. Nia prese una pistola e mi imitò.

            Von Blitzschlag scappò, non era certo un uomo d’azione.

-Lascialo perdere,.- dissi a Nia -Pensiamo a filarcela piuttosto.-

            Spalancai una porta finestra che dava su una terrazza a strapiombo sul mare. Da lì non saremmo certo fuggiti.

            Improvvisamente udii un rumore familiare sopra le nostre teste: un elicottero da cui calò una scaletta di corda. Improbabile che si trattasse di una trappola ma in ogni caso non avevamo scelta.

            Feci un cenno a Nia e cominciammo ad arrampicarci. Dall’interno dell’elicottero qualcuno mitragliava i miliziani sotto di noi impedendo loro di usarci come bersagli per il tiro al piccione.

            Non fui troppo sorpreso di trovare all’interno il mio vecchio amico inglese che si faceva chiamare John Bryce, ma fu una sorpresa trovarci anche Quarrel.

-Quando ho capito che eravate stati catturati ho chiamato Mr. B.- spiegò.

-Ed io mi sono fatto prestare questo gingillo da una portaerei militare britannica che stava compiendo esercitazioni nei Caraibi ed il cui comandante mi doveva un favore.- aggiunse l’altro.

-Beh, Jim, hai sempre un ottimo tempismo anche dopo tanti anni.- dissi.

-Sai che odio essere chiamato così e non sono poi così vecchio.- replicò lui, poi aggiunse -Ed ora l’ultimo tocco.-

            Dall’elicottero partì un missile che centrò in pieno la villa che fu rapidamente avvolta da una nuvola di fuoco. Improvvisamente parte della scogliera franò completando la distruzione del missile.

-E questa è la fine di tutto.- disse il mio vecchio amico.

-Doveva essere un favore bello grosso quello che ti doveva quel comandante.- commentai.

-Un giorno te ne parlerò. Ora pensiamo ad andarcene di qui,.-

            L’elicottero invertì la rotta e si diresse verso il mare aperto.

-Mi pare di capire che non torneremo a Delvadia.- dissi.

-Non è molto sicuro per noi al momento. Potrebbe scoppiare una rivolta da un momento all’altro, una revolucion, come la chiamano da queste parti.-

-E tu non c’entri nulla, vero?

            Lui sogghignò e replicò:

-Ti sembro il tipo da combinare guai alla mia età? Aspetto solo di godermi la pensione in Giamaica.-

            Non risposi. Ero troppo stanco. Anche Nia non disse niente e si strinse a me. Rimase silenziosa durante tutto il viaggio di ritorno.

 

            Eliveicolo dello S.H.I.E.L.D. Adesso. Fury tacque per qualche istante e fu Anya Derevkova a rompere il silenzio.

-Credo di aver capito chi fosse quell’agente del MI6: uno che ha dato del filo da torcere ai servizi segreti della mia nazione durante quasi tutta la Guerra Fredda. È una vera leggenda nel mondo delle spie. Lui si è ritirato da tempo ma ha almeno un figlio che ne ha seguito le orme.-

-Sei perspicace come sempre, Anya.- ribattè Nick sorridendo.

-Stanno parlando di chi penso io?- chiese Marcus Johnson perplesso -Ho sempre creduto che fosse un personaggio inventato.-

-Il confine tra verità e finzione è spesso difficile da distinguere.- replicò sua madre -Tu, per esempio, fino ad oggi credevi di sapere tutto della tua vita e poi hai scoperto di non sapere quasi nulla.-

-Hai ancora molto da dirmi, mamma: per esempio perché ti sei nascosta per tutti questi anni e mi hai fatto credere di essere un orfano?-

            Nia Jones sorrise amaramente e guardò verso Nick. Rivangare il passato non era mai facile.

 

            Isole Vergini Britanniche. Più di trent’anni fa. Il nostro viaggio si concluse su una portaerei di Sua Maestà Britannica e da lì sulla terraferma e precisamente nella capitale del Territorio d’Oltremare delle Isole Vergini, dipendenza del Regno Unito.

            Il mio vecchio amico ci trovò posto in un hotel e ci fece avere degli abiti. Azzeccò alla perfezione le misure di Nia. Del resto in fatto di donne l’aveva sempre saputa lunga.

            A Delvadia scoppiò davvero un’insurrezione e per molti giorni si sparò anche per le strade.  Il vice console Keith Bayard con cui avevo giocato a carte solo un paio di giorni prima ma sembrava già un‘eternità, si era sorprendentemente unito ai ribelli che sembravano mietere successi.

            Sospettavo che il mio amico Jim ne sapesse qualcosa ma non potei mai chiederglielo ma, ad essere sinceri, la cosa al momento non ci importava

La sera del nostro arrivo sull’isola mi concessi una doccia ristoratrice e me ne stavo a lasciarmi scorrere addosso l’acqua calda quando la porta si aprì e non fui sorpreso di vedere Nia. Nuda.

Sapevo che era un errore, che avrei dovuto respingerla, ma non lo feci.

 

 

CONTINUA

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

Un po’ di cose da dire, quindi non perdiamo tempo:

1)        Come avrete ormai capito, questo episodio si discosta dalla trama principale ed esplora, invece il passato di Nick Fury quando era agente della C.I.A. in scenari tipici della spy story classica. Inutile negarlo, tutto nasce dal mio tentativo di realizzare un’introduzione in MIT di Nick Fury Jr. che non fosse insoddisfacente come, a mio parere, quella fatta nella Marvel ufficiale giusto per dimostrare che ne sarei stato capace. Se ci sarò riuscito, starà a voi lettori stabilirlo.

2)        Chi sia il Richard Parker a cui accenna Nick nella storia non dovrebbe essere necessario spiegarlo.

3)        Il Barone von Blitzschlag è stato creato da Dan Slott & Stefano Caselli su Avengers: The Initiative #1 datato giugno 2007.

4)        Il Colonnello Domingo Guzman è una mia creazione e potrebbe essere imparentato con l’attuale Tarantula. Per la sua storia mi sono ispirato a Lavrentij Pavlovič Berija, il famigerato capo del NKVD e del MVD che furono in parte precursori del KGB di cui si diceva appunto che facesse rapire giovani donne, perlopiù adolescenti. Nella sua villa che oggi è l'Ambasciata tunisina in Russia sono stati ritrovati cadaveri di donne.

5)        ODESSA è l'acronimo di Organisation der ehemaligen SS-Angehörigen ovvero Organizzazione degli ex membri delle SS, il cui scopo erà aiutare la fuga degli ex nazisti perlopiù in America Latina.

6)        Un più anziano Keith Bayard è comparso per la prima volta su Daredevil Vol. #75 datato maggio 1971 ad opera di Gerry Conway & Gene Colan. In quell’occasione si citava il fatto che aveva combattuto al fianco dei ribelli delvadiani diversi anni prima. Ecco quando.

7)        Chi è John Bryce? Sono certo che quasi tutti voi l’avrete capito. Da parte mia, mi divertirò a non rivelarlo apertamente. -_^

8)        L’accenno al fatto che lavora presso una ditta di aspirapolvere è una strizzatina d’occhio al romanzo di Graham Greene “Il nostro agente all’Avana” in cui il protagonista lavora appunto in una ditta di aspirapolvere i cui progetti riesce a spacciare al servizio segreto britannico come progetti di una sofisticata arma.

            Nel prossimo episodio: nuove mosse dell’Hydra, le ultime rivelazioni di Nia Jones e molto di più.

 

 

Carlo

Carlo



[1]Sluzhba Vneshney Razvedki,

[2] Il comandante di Nick durante la Seconda Guerra Mondiale.

[3] Nell’episodio #12.

[4] Diminutivo russo di Nicholas.

[5] Sede della C.I.A.

[6] La prima fidanzata di Nick morta su Sgt. Fury & his Howling Commandos #18

[7] Nome non ufficiale del Secret Intelligence Service britannico.

[8] No, non la città ucraina sul Mar Nero.